Pular para o conteúdo principal

Un capitolo del mio libro


Cari lettori
, oggi vi presento un capitolo del mio libro Un Ponte Per Te (lo trovate sul sitto dell'Amazon). La passione per la scritta e mio papà: un collegamento speciale.

Un ponte speciale


I nostri sogni sono come delle strade sinuose che ci conducono in direzioni nuove, sconosciute. Durante la mia infanzia ho conosciuto la forza con cui l'immaginazione incide sulla realtà, cambiando strada, dando significato ad alcuni gesti, facendo superare dolori… In questi momenti ciò che sembra essere lo spegnersi della luce si rivela come una nuova possibilità, un nuovo inizio.
Papà era un uomo molto intelligente. Un metro e novanta di tenerezza e un bellissimo colore di frutta tropicale, di jambo. Amante della lettura e della scrittura, era un uomo con una mentalità più avanti della sua epoca. Non ho avuto tempo per conoscere i suoi difetti. Ma cosa fare?
Mio fratello è nato con lo stesso colore di papà. Io e mia sorella sembravamo più pallide dopo la sua nascita. Per me era terribile pensare che papà amasse mio fratellino più di me per via di quel bel colore che io non avevo. Con l'intento di porre fine alla mia angoscia, elaborai un piano per buttare via il mio fratellino, come avevo fatto con alcune bambole. Buttare via significava metterlo dentro l'armadio dei vestiti, ben là in fondo, togliendolo dalla circolazione. La mamma e la nonna intuirono i miei intenti e rimasero all'erta. Un giorno riuscii a prendere il mio fratellino tra le braccia e, con molta cura, a portarlo all'armadio dei miei genitori. All'improvviso, la mamma comparve davanti a me e, molto arrabbiata, mi disse di non tenere mio fratello in quel modo. Mio fratello era grassottello e tenerlo tra le braccia non era un'impresa facile. Obbediente, aprii le braccia mentre guardavo la mamma e mio fratello cadde, facendosi male, sul pavimento.
Papà parlò con me e la spiegazione che mi diede fu semplice: il mio fratellino era stato fatto di notte. Io e mia sorella di giorno. Quella storia mi parve molto bella e per anni credetti in questa motivazione esaltando con orgoglio la nostra differenza. È stato così per molto tempo, con io che suscitavo sorrisi e commenti da parte degli adulti. Gli anni passarono fino a quando, un bel giorno, le lezioni di scienza misero fine a ciò che era stato il nostro marchio distintivo. Ma, in quel momento, io già amavo troppo mio fratello per ribellarmi contro di lui. Scoperte, intrighi, gelosie. Un saggio di quella che sarebbe stata la nostra vita adulta.
Papà dedicava gran parte del suo tempo a leggere e scrivere e un giorno mi rivelò un grande segreto che avrebbe cambiato la mia vita per sempre: i libri parlano con noi. Dopo questo episodio fui introdotta nel mondo delle lettere. Ogni giorno papà mi ripeteva: questa è la lettera “n”, questa è la lettera “i”, questa è la “n” di nuovo, questa è l' “h” e questa è la lettera “o”. Guardavo quelle immagini. Quando non conosciamo le lettere quei simboli ci dicono molto poco. Sapevo però che la “n” aveva qualcosa a che fare con il mio nome. Amavo questa associazione anche senza capirla del tutto.
Una bella mattina, mentre bevevo il mio bicchiere di latte giornaliero, pronunciai la parola “nido”. Mamma e papà si guardarono e subito capii che avevo detto qualcosa che gli era piaciuto. La nonna arrivò subito dopo. Tutti e tre mi abbracciarono a lungo felici.
Papà amava le attività creative e, qualche volta, riuniva la nostra famiglia perché inventassimo storie che nascevano da ritagli di riviste e vecchi giubbotti. Fu in una di quelle occasioni che ci parlò del ponte che sarebbe stato costruito nella nostra città, per unire Rio a Niterói. La regina Elisabetta aveva dato l'inizio simbolico all'opera. Era l'anno 1968. Papà ci spiegò che i ponti uniscono mondi diversi, che sarebbe stato un grande progresso per tutti noi potere raggiungere  Niterói in venti minuti. Ci promise che saremmo andati a vedere il ponte il giorno dell'inaugurazione di quello che sarebbe stato un grande monumento dell'ingegneria negli anni a venire. Restai colpita da quella storia. Io capivo molto bene ciò che riguardava regine e ponti, che sempre erano presenti nelle trame dei miei libri e nelle storie che papà era solito raccontarmi.
Qualche tempo dopo, una malattia portò papà all'ospedale di Lagoa. Quella parola Lagoa, ovvero laguna, evocava nella mia mente una immagine bellissima. Chi sa ne non c'era un ponte sopra questa laguna? Un ponte! Papà doveva tornare subito, avevamo un incontro fissato.
In una calda mattina la nonna ci svegliò dicendo che papà non era più in questo mondo. La nonna era una persona particolare e le sue premonizioni erano infallibili. Domandai in quale mondo era andato. La nonna sembrava ipnotizzata e non ci rispondeva. Un'auto si fermò alla nostra porta e ne scese mamma accompagnata da amici e parenti. Corsi per dire alla mamma cosa la nonna ci aveva rivelato. Mamma piangeva e subito capii che papà se ne era andato in quel tale altro mondo.
4 marzo 1974. Il ponte Rio-Niterói stava per essere inaugurato. In quel momento papà se ne andava in quel tale altro mondo mentre io mi sentivo terribilmente sola in questo mondo.
Dopo il nostro addio a papà, uno dei nostri amici riunì tutta la famiglia e ci condusse, in abiti di un triste giallo, per le strade di Rio de Janeiro. «Andiamo a vedere il ponte Rio-Niterói», disse il nostro vicino. Spalancai gli occhi! Andavamo allora a vedere il famoso ponte che avrebbe cambiato la nostra città. Raggiunto il ponte ammirai l'immensa quantità di acqua e le altre auto che passavano come noi. Pensai alla regina Elisabetta. Pensai a papà. Quel ponte era veramente magico e stava unendo mondi. A volte ancora mi vedo in quell'abito triste. Penso a tutte le idee che girano intorno ai ponti nel mondo. Penso ai ponti che ho conosciuto e a quelli che ho imparato ad amare. Penso ai ponti immaginari e ai ponti che papà riuscì a costruire tra il mondo delle lettere e il mio cuore. Penso ai ponti reali e alle innumerevoli possibilità di incontro. Sai papà, a volte penso alla nostra storia… un ponte per te.            









Comentários

Postagens mais visitadas deste blog

A diferença entre esperança e esperançar segundo Paulo Freire

Bom dia com Mario Sergio Cortella e Paulo Freire: “Como insistia o inesquecível Paulo Freire, não se pode confundir esperança do verbo esperançar com esperança do verbo esperar. Aliás, uma das coisas mais perniciosas que temos nesse momento é o apodrecimento da esperança; em várias situações as pessoas acham que não tem mais jeito, que não tem alternativa, que a vida é assim mesmo… Violência? O que posso fazer? Espero que termine… Desemprego? O que posso fazer? Espero que resolvam… Fome? O que posso fazer? Espero que impeçam… Corrupção? O que posso fazer? Espero que liquidem… Isso não é esperança, é espera. Esperançar é se levantar, esperançar é ir atrás, esperançar é construir, esperançar é não desistir! Esperançar é levar adiante, esperançar é juntar-se com outros para fazer de outro modo. E, se há algo que Paulo Freire fez o tempo todo, foi incendiar a nossa urgência de esperanças

Van Zona Sul - a experiência de afeto e solução de um grupo de amigos

(Foto de Luiz da Costa Gonçalves Junior) Nas grandes cidades do Brasil, infelizmente, o deslocamento das pessoas constitui um problema. Os engarrafamentos são constantes afetando a qualidade de vida. Quem usa os meios públicos enfrenta a carência de um sistema que não consegue ser eficaz nem eficiente. O número de carros aumenta e as estradas não crescem na mesma velocidade dos carros. Para enfrentar essa questão alguns colegas de trabalho resolveram dar uma solução que consegue melhorar a qualidade de vida e contribui para diminuir a emissão de gases poluentes. Assim é a famosa “ van zona s ul”, como é chamada por eles. Esses amigos alugam uma van com motorista para fazer o transporte diário de ida e volta do trabalho. Esses heróis conseguem desafiar o trajeto zona sul do Rio de Janeiro até a Barra da Tijuca. A organização é primordial. O grupo é dividido entre fixos e avulsos. O pagamento é feito mensalmente e uma planilha é enviada para todos os membros com o comprova...

Marcos Caruso e Nivea Oliveira

Hoje a aula foi com ele. Caruso nos falou sobre o respeito que devemos ter enquanto profissionais. A arte exige de nós uma disciplina e constância. Uma ponte para a arte, para o ofício de criação.  Bom final de semana leitor!